Dal 2 ottobre al 7 novembre
Edificio 3 di Claudio Tolcachir finalmente in scena al Teatro Studio Melato
Lo spettacolo prodotto dal Piccolo Teatro di Milano debutta in prima nazionale sabato 2 ottobre, alle ore 19.30
Nel mese di ottobre 2020, Rosario Lisma, Stella Piccioni, Valentina Picello, Giorgia Senesi, Emanuele Turetta stavano provando Edificio 3 di Claudio Tolcachir. Prima regia del regista argentino in una produzione del Piccolo, in lingua italiana, lo spettacolo avrebbe dovuto debuttare agli inizi di dicembre. In seguito alla sospensione per l’emergenza Covid, la vicenda di questo allestimento incompiuto, questa Storia di un intento assurdo, come recita il sottotitolo, diventava racconto virtuale per frammenti e la nuda scenografia si spostava all’esterno, nello spazio antistante il Teatro Strehler, trasformandosi in una sorta di muta installazione, a testimoniare la tenace volontà di mantenere vivo il legame con la città, anche fuori dalle sale chiuse.
Sabato 2 ottobre, lo spettacolo porta a compimento il suo percorso, riappropriandosi finalmente del suo spazio naturale, la scena.
La nuova stagione del Piccolo Teatro di Milano riparte il 2 ottobre 2021 con la prima nazionale di Edificio 3, lo spettacolo che è diventato simbolo di un tempo teatrale muto e congelato dall’emergenza sanitaria.
Conosciuto al pubblico italiano per Il caso della famiglia Coleman e per Emilia (entrambi al Teatro Grassi; il primo nel 2012, il secondo nella versione in lingua originale nel 2015 e in quella italiana, con Giulia Lazzarini, nel 2017), Claudio Tolcachir, classe 1975, protagonista della fertilissima nouvelle vague argentina e fondatore di Timbre4 – teatro, compagnia e scuola a Buenos Aires – firma e dirige per la prima volta una produzione del Piccolo in lingua italiana.
Rappresentato per la prima volta a Buenos Aires nel 2008, Edificio 3 risulta ancora più attuale oggi che la pandemia ha scavato solchi profondissimi nel tessuto sociale e nel nostro modo di vivere le relazioni. La vicenda è ambientata in un vecchio ufficio di una grande azienda pubblica. Tutto sembra abbandonato: l’ascensore è rotto, la macchinetta del caffè anche, il lavoro langue, l’ufficio del personale è stato trasferito altrove e non registra le presenze degli impiegati… Moni (Valentina Picello), Sandra (Giorgia Senesi) ed Héctor (Rosario Lisma) sono colleghi e condividono quello spazio nel quale trascorrono buona parte delle proprie vita: Moni è la pettegola della situazione, conosce i segreti di tutti, fruga nei cassetti, si insinua non richiesta nelle vite altrui; Sandra, donna single non più giovane, sta cercando di restare incinta; Héctor, uomo maturo, ha perso da poco la madre, con la quale abitava e che lo ha sempre tarpato. In una sovrapposizione di tempo e di luogo, l’ufficio è ora la casa dei fidanzati Manuel (Emanuele Turetta) e Sofía (Stella Piccioni) – lui, inquieto cerca sfogo al di fuori della coppia, lei vorrebbe avere dei figli – ora il bar dove gli impiegati trascorrono le pause, ora lo studio medico dove si reca Sandra… Amori, tradimenti, equivoci, desideri, ambizioni, frustrazioni, sogni: Tolcachir racconta, come sempre nei suoi testi surreali, grotteschi, commoventi, la struggente complessità delle dinamiche relazionali e l’infinita distanza che ci separa tutti – amici, amanti, colleghi, familiari… – dal nostro prossimo, l’incolmabile baratro tra l’intima identità di ciascuno di noi e il personaggio pubblico che diamo in pasto alla gente.
Dopo l’installazione solitaria sulla piazza antistante il teatro Strehler dello scorso dicembre, appassionata testimonianza della volontà di esserci, e dopo il multiforme racconto on line della creazione, l’ufficio misterioso e sospeso di Edificio 3 finalmente si popola del calore delle sue esistenze insieme “inutili” e palpitanti e si dà all’abbraccio del pubblico…
Uno struggente ed ironico “castello” di destini segreti ed incrociati, a metà strada tra Beckett e Kafka, per ritrovare il mondo che è stato e per immaginare il mondo che verrà.
La fine è nel principio, eppure si continua…
Claudio Longhi
nto assurdo non finisce mai.